Fuori fa freddo, è una notte di metà novembre e nella strada deserta ancora più del solito la nebbia abbraccia tutto quanto con morbidezza e generosità. Nel buio si vede una luce accesa, quella del nostro laboratorio.
Dentro, nel calore emanato dai forni accesi e con il profumo della farina nell’aria, la produzione del Panettone Marchesi 2020 procede a gonfie vele.
Anche quest’anno Silvano Marchesi, il nostro Maestro e mio Zio, ha deciso di fare piccolissime modifiche per avvicinarsi ancora di più all’eccellenza. Non si accontenta mai, e quando lui decide, si fa.
Mi entusiasma entrare nel forno e vedere come abbia sotto controllo ogni minimo dettaglio.
Mi entusiasma guardare come scruta ed esamina ogni impasto con perizia per accertarsi che rispetti i suoi elevati livelli di qualità.
Mi entusiasma ammirare come avanza tra i banconi ricoperti di farina e mi entusiasma leggere nella sicurezza dei suoi gesti e nei suoi sapi movimenti.
Non presunzione, ma conoscenza. Di quella conoscenza dovuta all’osservazione e all’esperienza.
Qualche anno fa, tra le righe di un approfondimento, D’Avenia sosteneva che la grandezza degli scrittori deriva dalla loro capacità di leggerci, più che di essere letti.
Insomma, mi capita interrogandomi tra le pagine del mio amato Dante o di Leopardi, di Ungaretti o Sant’Agostino, ma anche Baricco o altri di pensare “cavolo parlano di me, sono io”.
Allo stesso modo il Maestro, lo Zio, Il Silva si fa interrogare dagli impasti, dalle dosi, dagli ingredienti, dalle temperature.
Il suo interrogarsi non è meno del mio, perché non è la natura dell’oggetto che fa la grandezza del pensiero.
Ed il suo pensiero produce per me la cosa più buona che c’è.